MERCURIO E LA SCRITTURA


                                                                     


 

 

MERCURIO E LA SCRITTURA

Il segno dei Gemelli è quello del primo contatto con l'ambiente, quello corrispondente sul piano psicogenetico al momento in cui il bambino, dopo la nascita e il taglio del cordone ombelicale, legati all' Ariete, e dopo il periodo dell'allattamento, simboleggiato dal Toro, prende atto dell'esistenza di una realtà esterna e tenta di porsi in rapporto ad essa.

Durante l'allattamento il bambino percepisce la realtà come una sorta di proprio prolungamento che corrisponde puntualmente  – aderisce, potremmo dire - ai suoi desideri. Col distacco dal seno questa idilliaca unità percettiva si spezza, ed egli si trova costretto a fare i conti con la discontinuità e arbitrarietà del reale. In risposta a tale trauma, incomincia a differenziarsi nel suo sistema psichico un io cosciente. Secondo D. Winnicot, questa fase è fondamentale per lo sviluppo della funzione simbolica (1), perché è da questo momento che, per sostituire il seno perduto, il bambino incomincia a caricare di un «significato» alcuni oggetti (può accadere all'inizio per un lembo di coperta, un giocattolo, o anche una parola o un suono ... ).

Per Winnicot all'origine dei processi simbolici e semiotici c'è dunque uno sdoppiamento. Il simbolo, il segno, la parola, il pensiero, in quanto immagini del mondo esterno, possono essere prodotti solo dopo che l'io si è riconosciuto, e cioè dopo che ha superato la fase istintiva e animale e ha dicotomizzato la propria percezione del reale (2). Riferendoci a questo schema possiamo definire astrologicamente Mercurio come il principio che articola la realtà interiore su quella esteriore, o l'io pensante sull'oggetto.

Si possono ritrovare in questa definizione, oltre alla rappresentazione iconica, pressoché tutti i caratteri dei Gemelli e di Mercurio, da quelli connessi alla mobilità, intesa come coordinazione fra impulsi motori e contesto spazio-temporale (come sensibilità cinestetica), a quelli implicati nel concetto di doppio, e nella fattispecie la tendenza a vivere in universi «riflessi», come l'arte, i media, o il pensiero in generale, e la capacità di collegare la realtà e il segno nel linguaggio.

Rapporti fra Mercurio e Giove

È naturale che una funzione tanto complessa come quella linguistica possa essere studiata sotto molti altri aspetti essere collegata ad altri simboli zodiacali.

Fra questi, per restare al campo strettamente linguistico (escludendo quindi i vari campi ad esso riferibili come memoria, immaginazione ecc.) mi sembra che un ruolo fondamentale sia svolto da Giove, pianeta che, governando il Sagittario e la IX casa, instaura con Mercurio-Gemelli-Casa III una dialettica molto ricca e articolata. L'importanza di Giove nel tema natale degli oratori e di molti scrittori, ad esempio, è segnalata da molti autori. Devo però precisare, a questo proposito, di non ritenere del tutto valida la stretta corrispondenza che L. Morpurgo pone fra Giove e la parola, rifacendosi al simbolismo orale del pianeta. Partendo da ciò, ella giunge a identificare Mercurio, che corrisponde all'udito, con la percezione, e ad attribuirgli quindi una funzione passiva, contrapposta a quella attiva di Giove.

Questo schema non mi pare suffragato dai dati osservativi, perché se è vero che gli oratori presentano spesso una dominante gioviale, negli scrittori, linguisticamente attivi allo stesso titolo, predominano in genere la casa III, Mercurio e i segni ad esso collegati. Si deve osservare inoltre che il vero organo del linguaggio non è la bocca, ma l'apparato fonatorio, che condivide con quello auditivo la struttura complessa e la sensibilità micrometrica (per sonorizzare una vocale, ad es., la glottide emette 100-120 sbuffi d'aria al secondo nei maschi adulti... e il processo si complica per le consonanti), e che, pertanto, mi pare possa essere ugualmente collegato a Mercurio, pianeta del piccolo, del microscopico, della precisione. Si distinguerebbe così la voce, la cui relazione con Giove, il Toro e il Sagittario mi pare sufficientemente comprovata, dalla parola, che è altro dalla voce, e propriamente è la sua articolazione. La verbosità dei gioviali va quindi attribuita al rapporto fra Giove e la voce, oltre che al loro bisogno di espansione e socialità.

A questo proposito si può osservare che molto spesso, quando assume un significato sociale, il linguaggio entra in rapporto con Giove e la casa IX, al punto che ci si potrebbe richiamare alla celebre distinzione di F.De Saussurre (3) fra Lingua, come sistema, come istituzione sociale e convenzionale e - si può aggiungere dal punto di vista astrologico - come fatto pubblico in generale e Parola, sua pratica individuale, e collegare la prima al Sagittario e la seconda ai Gemelli. L'attribuzione è da considerarsi soltanto indicativa, ma ci permette di spiegare l'elevata frequenza di valori Sagittario-Giove nei linguisti e semiologi (De Saussurre, Chomsky, Eco, Barthes ecc.), nei critici letterari, che cercano di tradurre in termini sovraindividuali - di sistematizzare - le parole dello scrittore, nei professori, che diffondono il sistema linguistico, e infine negli oratori, che ne fanno un uso pubblico. A questo proposito anche la “chiarezza”, il farsi comprendere, è tipicamente sagittariano-gioviano. Bisogna aggiungere che anche negli scrittori si può osservare una marcata frequenza dell'aspetto Sole-Giove (e del trigono e della congiunzione, in particolare). Esso però si dirada nei poeti, per far posto a quello Sole-Nettuno, dato che sembra confermare che Giove, più che al linguaggio, presieda a quei tipi di manifestazione del linguaggio, come il romanzo, più strutturata e composita. Una controprova in questo senso ci viene dal ritrovare l'aspetto Sole-Nettuno in romanzieri come J. Joyce, H. Guimaraes Rosa, R. Roussel, A. Robbe-Grillet, P. Handke, F.T. Marinetti che, nella loro opera, sembrano in certo qual modo aver voluto dissolvere la struttura e la forma narrativa, avvicinandola a quella lirica (cosi come fra i registi A. Resnais, fra i pittori J. Pollock, fra i musicisti Chopin, tutti con l'identico aspetto).La distinzione essenziale fra Giove e Mercurio, in definitiva, mi sembra sempre quella fra sintesi e analisi, struttura e suo elemento, discorso d'assieme e specifico, e quindi fra grande e piccolo. All'interno del processo di elaborazione del linguaggio è possibile individuare un'ulteriore distinzione, più importante e di più pratica applicazione della precedente, e cioè quella fra asse della selezione e asse della combinazione, introdotta ancora da De Saussurre ma ripresa poi da molti linguisti per la sua pertinenza e utilità euristica. Secondo De Saussurre, sono queste le due funzioni essenziali che ci permettono di comunicare, le coordinate che descrivono il nostro discorso. Sulla prima, l'asse della selezione, noi scegliamo - fra quelle disponibili nel paradigma linguistico - le parole che vogliamo impiegare, sulla seconda procediamo alla loro estensione sul piano del sintagma, e cioè alla loro giustapposizione. Poiché abbiamo attribuito a Mercurio il rapporto fra segno-parola e referente-oggetto, e a Giove il principio dell'organizzazione, possiamo facilmente trasferire questa distinzione nello zodiaco, collegando il primo pianeta all'asse della selezione, l'altro a quello della combinazione. E quindi, rifacendoci soprattutto agli studi di R. Jakobson (4) - condotti in particolare su bambini ed afasici - correlare a questi pianeti le due forme di orientamento mentale, i due tipi psicologici, determinati dalla prevalenza dell'una o l'altra funzione nell'individuo. Il mercuriano corrisponde al tipo selettivo, e tende ad attribuire e a privilegiare la scelta delle parole. Adopera un ampio repertorio di vocaboli, è rapido nell'apprendimento ed eccelle in generale nella capacità di commutare la realtà in codice (code-switching). Il mercuriano afasico perde la capacità di costruire proporzioni, parla in maniera slegata e, poiché tende ad esprimersi soprattutto intensivamente, sull'asse verticale della selezione, fa largo uso di espressioni para-metaforiche.

Nel gioviano predomina invece la combinazione, per cui egli è portato ad attribuire maggiore importanza al contesto: usa abilmente la sintassi, ha già chiaro in mente lo sviluppo della proporzione prima di cominciare a enunciarla, e il suo discorso e il suo stile sono coerenti e ordinati. In caso di afasia ha difficoltà a passare da un'immagine al simbolo verbale corrispondente, tende a indicare ogni oggetto col termine «cosa» e ogni azione col verbo «fare»; riesce a esprimersi con successo solo in una situazione molto contestualizzata, quando può contare su molti punti di riferimento linguistici; poiché le sue associazioni mentali si basano soprattutto sulla contiguità, ricorre spesso all'uso della para-metonimia.

Nella letteratura, il gioviano è il «costruttore di storie”, il romanziere di ampio respiro (Balzac, Hugo, Melville, Mann, Canetti, Moravia ecc.), gli si addice tutto ciò che è grandioso; ma è talvolta trascurato nel particolare e nei casi peggiori impersonale nello stile (stile come risultato di una scelta). E’ spesso un autore senza “scrittura”. Il mercuriano è invece più incline alla concentrazione espressiva (Valery, Mallarmé, Calvino ecc); l'intelligenza e l'irrequietudine verbale donano alla sua pagina vivacità e brillantezza (Manganelli, Landolfi, Busi); è più portato al racconto (Poe, Buzzati, Calvino, Delfini ecc.), al frammento (Pascal, Ceronetti) e alla lirica che al romanzo (5). Queste differenze sono riscontrabili a determinati livelli d'indagine (aspetti di Giove e segni, soprattutto) perché, come ho detto, l'insieme dell'oroscopo è di regola segnato da Mercurio.


I Gemelli e la Vergine


La differenza essenziale fra questi due segni è quella fra aria e terra, è così il Mercurio-Gemelli è più rapido, vario, incostante, e più adatto all'uso propriamente comunicativo del linguaggio, di cui il Mercurio-Vergine esalta invece la funzione informatico-conoscitiva-culturale, legata anche al domicilio dell’asteroide Pallade. Il Gemelli, segno aereo e volatile, e coassiale al Sagittario, è più orale del Vergine, legato alla solidità della carta. Così nei Gemelli si riscontra spesso una propensione allo stile vivace, discorsivo, colloquiale (il Pirandello romanziere, certo Dostoievski, quello dei «Ricordi dal sottosuolo», ad es., scritti in una forma che potremmo chiamare vocativa o interlocutoria), o magari giornalistico; oppure all'uso del parlato (Pasolini, Celine); o attenzione ai dialoghi (Dostoievskij); o predilezione per il genere teatrale (ancora Pirandello, De Filippo, Ionesco ecc.).

Mercurio “in azione”


Si esamineranno ora alcune configurazioni tipiche del tema natale dello scrittore. Premetto che fra le varie date di cui disponevo, ho concentrato l'attenzione su un gruppo di 150 autori di fama universale e consolidata (6), ritenendo che in astrologia l'indagine statistica sia tanto più valida quanto più selezionato, e quindi omogeneo, è il campione (come suggerito peraltro dalle ricerche dei Gauquelin). Va da sé che la selezione deve avvenire con la maggiore obiettività e circospezione possibile. Dall'esame della distribuzione di Mercurio nelle case, pur condotta su un campione limitato, risulta evidente una concentrazione del pianeta nelle zone indicate da Gauquelin come le più sensibili e significative del cerchio zodiacale, quelle terminali della IX, XII, VI e III casa. In particolare, e ciò dimostra che le indicazioni generali di questi siano da adeguare di volta in volta al tipo di indagine che si sta svolgendo, appare accentuata la casa III (la zona cuspidale e terminale più di quella centrale)(7).Nettamente più affollata, inoltre, risulta la metà orientale dell'oroscopo:ciò dipende dalle frequenze orarie naturali di natalità (cfr. Gauquelin), ma può anche, simbolicamente, essere messo in rapporto con la soggettività dell'espressione estetica (e si potrebbe azzardare l’ipotesi che tale frequenza sia non a caso propria della razza umana, l'unica dotata di linguaggio). Altre osservazioni si possono compiere andando a esaminare nel dettaglio le collocazioni del pianeta. Tralasciando l'esame delle posizioni di dominanza (che per brevità possiamo considerare passepartout), osserviamo ad esempio che il Mercurio in II (la bocca) sembra caratteristico di quegli scrittori che mostrino una particolare attenzione per l'aspetto fonico e musicale della parola. Flaubert, ad esempio, che rileggeva ad alta voce ogni pagina dei suoi manoscritti, e la limava ossessivamente finché gli sembrava che «suonasse» bene. In certi casi, quando intervengano fattori uraniani (mutazione), nettuniani (metamorfosi) e soprattutto plutoniani (trasformazione), questa attenzione per la sostanza fonica può trasformarsi addirittura in una tendenza a intervenire sulla struttura della parola, come accade in Joyce e Gadda, in Lewis Carroll - famoso, oltre che per Alice, per le sue filastrocche glossolaliche di termini inventati o nel giornalista inventore di neologismi Sergio Saviane (Mercurio dominante in Toro, segno cosignificante della II casa). Peraltro la concretezza dovuta ai valori taurini inclina in altri casi a un uso più realistico della parola.
La disposizione in XI, casa uraniana, indica in qualche caso ricercatezza verbale (D'Annunzio, Zanzotto; Barthes fra i critici; Brera fra i giornalisti), altre volte accentuazione dell'elemento inventivo (Calvino, Garcia Marquez, Kafka). La V (descrizioni drammatiche o spettacolari: Melville) e l'VIII (interesse per tutto ciò che è oscuro o misterioso: Stevenson) sono le meno occupate, la VII, ugualmente poco affollata, può indicare un interesse all'analisi dei rapporti interpersonali (Bassani, Ibsen, Gozzano). La I casa esalta la natura Ermes (messaggero) di Mercurio contrapposta a quella Thoth (sapiente), e inclina al giornalismo, magari piuttosto leggero (Cederna, Gervaso). Questo tipo di procedimento analogico è naturalmente applicabile anche all'analisi dei segni e degli aspetti. Ma a questo proposito, più che ripetere concetti già noti, sembra interessante soffermare l'attenzione su un aspetto di importanza centrale per lo scrittore, quello Luna-Mercurio.

Si è osservata e conteggiata questa configurazione nel tema natale di 475 soggetti, e cioè nel campione-base, in altri 150 scrittori minori e, per confronto, in 175 scienziati, saggisti e ricercatori. Si è tenuto conto, inoltre, di una ricerca di Paul Choisnard, che riscontrava una frequenza doppia dell'aspetto (in prevalenza trigoni, quindi congiunzioni e opposizioni) nei grafici di 310 filosofi, confrontati a quelli di 300 persone comuni. Si sono infine per riferimento collazionati i dati a un campione di 300 temi casuali. Ebbene, da quest'indagine, che certamente non può ancora avere un valore statistico (8), ma appare comunque più che indicativa, è risultato che in ciascuno dei pacchetti di dati prevalgono effettivamente i rapporti Luna-Mercurio rispetto a quelli di confronto; ma il dato più interessante è che fra gli scrittori e i poeti l'angolo più frequente risulta essere la quadratura (che è viceversa solo eccezionale fra gli scienziati e studiosi). Le quadrature negli scrittori, inoltre, sono in massima parte molto strette (entro 2 gradi di arrotondamento) e spesso dominanti per angolarità. È evidente quindi che i vari manuali e testi che considerano questo aspetto indicativo di superficialità e mancanza d'immaginazione o, nei casi migliori, di un'intelligenza «comunque» stimolata peccano di schematicità. Il dato sembra dimostrare piuttosto l'opposto. La maniera più generale e soddisfacente di spiegarlo mi è sembrata quella di metterlo in rapporto con la natura autoriflessiva dell'espressione estetico-artistica. È verosimile, cioè, che l'effetto inibitorio proprio della quadratura blocchi la funzione referenziale e propriamente cognitiva del linguaggio e favorisca lo sviluppo della sua cosiddetta componente ludica.
In altri termini, quel che è scritto nei manuali, e cioè che tale aspetto inclina alla menzogna, alla mitomania e all'uso inconsulto dell'intelligenza è vero, ma se si tiene presente che anche l'arte è artificio, invenzione, menzogna (9). Parlo di autoriflessività perché in questo concetto posso far rientrare l'artificio diegetico, e cioè narrativo, come quello sintattico, l'invenzione lessicale e quella fonosimbolica, cioè posso includervi tutti i fenomeni linguistici giustificati dalla necessità espressiva, ma non da quella informativa, e che rendono centrale nel testo poetico, più che il messaggio o il dato che esso trasmette, la sua organizzazione semiotica.
A conferma di questa tesi notiamo che l'aspetto è presente soprattutto
in quegli artisti in cui sia accentuata, l'attenzione formale, la funzione ludica, o comunque quella strettamente poetica (Apollinaire, Wilde, Arbasino, Ginsberg, Calvino, Breton, Swift, Collodi, come nei poeti lirici in genere). Fra i soli sei temi di scienziati e saggisti che presentano questa quadratura troviamo autori che si collocano in una zona “grigia” fra pensiero e arte, come R. Barthes. Negli altri casi il contesto generale del quadro favorisce chiaramente lo sviluppo della razionalità a scapito dell'emotività (Mercurio in domicilio, dominante, appoggiato dal Sole).


NOTE


(1) D. Winnicot - Gioco e realtà, Armando Roma
(2) Così la mercuriana scimmia, unico animale capace di una forma rudimentale di linguaggio, è anche il solo in grado di riconoscersi in uno specchio.
(3) F. De Saussurre - Corso di linguistica generale, Laterza, Bari.
(4) R. Jakobson - Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, Milano.
(5) Il discorso si potrebbe allargare anche alle altre arti. Così, nella musica, il compositore sinfonico è spesso un gioviale (Beethoven). Al contrario nell'assolo jazz, specialità tipicamente mercuriana (Davis, Coltrane, Sheep, Braxton ecc.) il discorso musicale si sviluppa nota per nota, privo spesso di un forte riferimento contestuale.
(6) E di sesso maschile, per maggiore omogeneità.
(7) Stesse tendenze si riscontrano per gli altri pianeti, la Luna in particolare.
(8) Il non trascurabile valore indicativo gli viene invece: dalla forte selezione del campione, dall'accordo dei risultati con quelli della lunga tradizione.
(9). Si pensi a testi come “Letteratura e menzogna” di Manganelli, o “La menzogna del romanzo” di G. Gramigna.

 

                                                                  



Questo lavoro, diciamo "storico", fu pubblicato su Linguaggio Astrale n. 82, ed è stato il mio primo studio di un certo impegno. 

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