de andré e l'astrologia

 


pensavo alla voce straordinaria di de andré, una voce calda e disillusa, empatica e impassibile, che toccava le corde più profonde dell’umano non concedendo nulla né all’amore, né al denaro, né al cielo... una voce in cui si erano depositati il desiderio della felicità, la coscienza della sua impossibilità e il miracolo della bellezza... e mi arriva un’email di giampiero monetti, ottimo fotografo col gusto della ricerca archivistica, che mi segnala che anche de andré era astrologo. qui sopra potete vedere addirittura un grafico di suo pugno del suo oroscopo comparato a quello di dori. sono stato naturalmente felice di questa scoperta. de andré è probabilmente

il musicista italiano che amo di più, insieme forse a battisti, area e molti altri. approfitto allora della coincidenza per dare un’occhiata al suo tema natale. de andré era un tipico acquario, ribelle, indipendente, anarchico, diretto sempre “in direzione ostinata e contraria”. ma il tema è segnato soprattutto dalla dominante lunare, con l’astro nel punto più forte del tema poco dietro l’ascendente cancro, che lo governa. la luna rappresenta la polarità yin, femminile, immaginativa, onirica, infantile della psiche, ed esprime perfettamente il temperamento di de andré che era poetico e bohemienne nel senso più pieno e convincente. nelle sue canzoni raccontava sempre l’uomo, la sua felicità e la sua disperazione, la sua solitudine e la sua ineffabile,  misteriosa e insieme terrestre umanità, la sua carne, le sue passioni. rifuggiva da intellettualismi e ideologismi, la sua era musica incarnata, cultura che si trasforma in vita e poi in gesto politico, talento versificatore che rifugge dal compiacimento estetico e resta sempre intensamente, terribilmente, maledettamente umano. gli emarginati, le prostitute idealizzate (marinella era una puttana assassinata sulle rive del Tanaro), i bombaroli, cristo o sua madre, persino i delinquenti che lo rapirono sono innanzitutto per lui esseri umani. la luna forma un aspetto creativo con la congiunzione venere giove in ariete che esprime il suo talento estetico, e una stretta quadratura al nebuloso e destrutturante nettuno, che oltre che il senso musicale ci racconta del suo tenace e autodistruttivo amore per le sigarette e l’alcool, della sua fobia del pubblico, del suo senso di inappartenenza e del suo bisogno di isolamento, che lo portò a sperdersi in gallura. la collocazione in gemelli dona ai suoi testi quel tocco di irresistibile, acuminata e però sempre benevola ironia che li caratterizzavano. la congiunzione venere giove ci svela come la sua malinconia e saudage fosse solo il ripiego riluttante di un insoppromibile bisogno di felicità, come nel tema natale di leopardi. ho sempre sostenuto che i suoi testi avessero una qualità estetica molto maggiore di quella dei celebrati cantautori anglo-sassoni, incluso il nobel bob dylan.  riascoltate , fra le tante,  canzoni come la guerra di piero, o bocca di rosa, il testamento di tito, amico fragile o anime salve... riascoltate... e mi risparmierete così un commento e una spiegazione inutile ... perché tutto de andré e tutto il suo oroscopo sono perfettamente detti in quei capolavori, in quei piccoli e perfetti congegni linguistici che però stanno per qualcos’altro, per molto altro ...


riporto infine una vecchia nota in cui esamino un carattere tipico delle sue canzoni e dei cantautori della sua generazione:

un altro interessante fenomeno, tutto da indagare, tipicamente cantautoriale, è quello che potremmo chiamare idiotismo fonetico, o autofonia, o autologia fonetica.  nel trapianto in un altro corpo le canzoni dei cantautori subiscono sempre un degrado. questa dipendenza è segno dell’intima connessione fra il loro corpo e i segni che emette, di un’integrazione e compatibilità molto profonda fra segno e phoné, fra parola, suono e voce. nelle costruzioni più riuscite, quelle parole sono fatte per modularsi in quella melodia, e quelle parole e quella melodia sono fatte per essere vocalizzate da quel corpo. il segno sembra seguire un percorso necessario e quasi fatale. questo fenomeno, da cui può risultare una forza espressiva potenziata, non mi pare che abbia precedenti né musicali né artistici in generale – per quanto non possiamo sapere come bach si suonasse o magari cantasse. 

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